Ed ecco i nomi dei vincitori e finalisti della VI edizione del Premio Nazionale di Poesia “Luciana Notari”!
La giuria del premio è presieduta da Nicola Crocetti e Maria Grazia Calandrone e composta da Simone Zafferani, Diego Vitali, Rosanna Gentili Carini, Francesca Ordeini.
Per la sezione Libro Edito di Poesia, il vincitore è
SEBASTIANO AGLIECO, “Compitu Re Vivi”, Il Ponte del Sale
i finalisti sono
MARCO CAPORALI, Tra massi erratici, Empirìa
LUIGI SEVERI, Specchio di imperfezione corona, La camera verde
Inoltre la giuria ha segnalato due opere meritevoli di attenzione:
GIUSEPPE GRATTACASO, La vita dei bicchieri e delle stelle, Campanotto editore
ELIO GRASSO, Varco di respiro, Campanotto editore
Per la sezione Testi Inediti di Poesia, il vincitore è
CORRADO GUERRAZZI
La seconda classificata è
ANNAMARIA FERRAMOSCA
Ringraziamo tutti i partecipanti al premio e vi aspettiamo il giorno sabato 17 maggio per la premiazione, che si terrà alle ore 17 presso la Sala Rossa di Palazzo Gazzoli, Via del Teatro Romano, 13.
I giudizi della giuria
Vogliamo condividere con voi le motivazioni che la Giuria ha elaborato per il Premio Luciana Notari. Vi consigliamo di leggere questi poesti perché sono straordinari!
Sebastiano AGLIECO, Compitu re vivi
Quello di Aglieco è l’emblematico attraversamento di una vicenda umana ampia abbastanza, resistente abbastanza da portare il dolore della perdita, da lasciare che l’intero essere tenda le braccia e presti il proprio ascolto al mormorio sommerso di un bene originario fatto di tempo e vicinanza. Aglieco si fa carico ontologico del tempo umano, di qualcosa che tutti attraversiamo, perdendolo. Qui lo spavento e la malinconia di una enorme perdita naturale sono alleviati assegnandosi un compito di vivo. Si rende onore testimoniando, si lascia traccia d’altri in forma di parola. Nel libro viene attivata una genealogia spaventosa e amorosa, dolorosa e amorosa, malinconica nella sua pervasiva sacralità. Nelle pagine di Aglieco sta tutta la fatica umana di crescere, di perdonare anche l’imperdonabile e il necessario, ovvero aver imparato a tradire, a non essere più trasparenti, non presentarsi più al mondo con lo sguardo buono dell’animale, portando in sé la nostalgia di un’origine che è innocenza e dialetto, vera linguamadre, prima della caduta nella Storia.
Marco CAPORALI, tra massi erratici
La poesia di Marco Caporali abita il mondo e ne riporta la deposizione misteriosa, testimonia uno sconosciuto e intimo luogo d’origine che ora si è rotto per diventare evidente e popolare il mondo, proprio come i massi erratici che danno titolo al libro. Caporali poeta tiene dunque la sua persona al cospetto del mondo, ambiente dal quale lasciar salire la propria esperienza del vivere, che ricade sulla pagina incidendola a volte con segni di esattissima malinconia. Il contatto con il paesaggio, gli umani e le umane forme dell’arte è continuo: la poesia di Caporali trae da sempre – e anche qui – ispirazione dalla natura e dell’altrettanto naturale lavoro umano, dall’umana abitazione del mondo, con declinazioni di struggente tenerezza, con rivoli di gioia e di una leggerezza matura, che si esprime perfettamente nella bellissima serie di haiku posta al centro del libro, dove abita la densa leggerezza, la chimica quasi aliena del Giappone.
Luigi SEVERI, Specchio di imperfezione corona
Con Luigi Severi ci troviamo privi di punti di riferimento ordinari, di schieramento sintattico: ci dobbiamo immediatamente fidare di lui, abbandonare le tracce conosciute e fare ingresso nel suo mondo ritmico e semantico. Lo facciamo di buon grado, poiché capiamo, fin dalle prime battute, che Severi non ci deluderà. La sua è infatti una mischia zanzottiana di linguaggi, la lama di un lirismo affilata al fuoco bianco delle scienze esatte, qualcosa insomma che riconosciamo per istinto e per quel poco di sapienza che ci è data. La poesia di Severi ci parla con voce doppia, ci chiede fiducia e abbandono e ci compensa con l’esercizio dell’intelligenza, nel quale sono incastonati piccoli laghi fermi di commozione, sia quando tratta di eresia e commedia e matematica, sia quando vocifera con le parole erotiche, mistiche e visionarie di un eccellente femminile umano. L’intero libro rappresenta una intelligente trascrizione di estasi e pensiero, ovvero dei modi di un maschio e di una femmina eccezionali per ribellarsi al male, che appare tema di fondo, basso continuo del materiale umano qui offerto.
Corrado GUERRAZZI
Dal paesaggio lombardo nasce una poesia che si fa cosmogonia, nascita del cosmo, sviluppo della forza verde che anima le cose, gli alberi come i pianeti. Quella di Guerrazzi è poesia naturale, più che poesia della natura. Poesia naturalis, che ricorda Lucrezio più che Plinio, l’ordine e il disordine delle cose, il gioco degli elementi, la forza che anima l’acqua, la pietra, la carne. La nascita di ciò che non è mai nato, senza alcuno spirito ad aleggiare sopra di esso.
Una poesia umana, perché mette la terra al centro del cosmo, la terra, come dice nei suoi versi, che è il centro dell’uomo – e non il contrario.
Annamaria FERRAMOSCA
Poesia che si immerge nella materia vegetale, vitale, tenta un’impossibile simbiosi. Unire lo spirito con la linfa, le mani con le foglie, le gambe con gli steli. Poesia che vive di un dialogo con la vita, anche quella di un albero di limoni. Quasi pascoliana nel suo tentativo di recuperare un linguaggio della e nella natura, un ritorno alle origini, a quella perduta Itaca che è l’origine della vita e dell’uomo. Poesia intima nel senso più alto, ma non sentimentale, colloquiale e filosofica, carnale, vegetale, minerale.